Il Museo: le location

Scopri le location del Museo

Questi edifici rappresentano due delle più preziose pertinenze del complesso settecentesco denominato Masseria La Morella. Si distinguono per una struttura circolare di dimensioni ragguardevoli al confronto delle poche architetture simili ancora oggi presenti nella Piana. La ristrutturazione, supportata da uno studio preliminare e tesa a ripristinare quelle forme originali perdute per via dei crolli, ha richiesto il rifacimento sia del tetto che del torrino centrale.

LA BUFALARA
Museo
Questa Bufalara oggi è riportata all’allestimento originale e contiene tutti gli attrezzi anticamente utilizzati per la trasformazione del latte e la lavorazione dei formaggi. Gli attrezzi sono presentati nello stesso stato “grezzo” nel quel sono stati ritrovati. Il percorso di visita segue il processo di produzione della mozzarella, mostrando passo per passo gli attrezzi utilizzati nelle varie fasi: filtraggio del latte, coagulazione, lavorazione della cagliata, filatura, mozzatura e salatura. Gli strumenti sono tutti in legno: crivelli, tini, secchi, tavoli spersori, frangicagliata, menacaso, compecine, ruotoli, cuocci … Al centro un focolare che serviva, oltre alla lavorazione del latte, a riscaldare l’ambiente nei lunghi l’inverni.

LA BUFALARA DI TRASFORMAZIONE
Questa Bufalara è oggi utilizzata dall’agriturismo Masseria La Morella per tutte le operazioni che comportano la trasformazione del prodotto agricolo originario in prodotto conservato, comprese marmellate e conserve. Viene utilizzata anche per corsi di cucina, laboratori didattici, cooking shows e per l’iniziativa “Bufala Chef”.

Il caseificio turnario della “Morella” era usato anche da numerosi piccoli allevatori della zona, che usufruivano di tutte le attrezzature, compresa la cantina di stagionatura, per caseificare il proprio latte. Dedicato alla lavorazione dei formaggi con tutti gli attrezzi che anticamente servivano per la trasformazione del latte, dove gli oggetti sono senza il “disturbo” del tradizionale apparato museografico, per non “inquinare” l’atmosfera originaria del vecchio caseificio, che si è cercato di ricostruire fedelmente, mostrando gli attrezzi allo stato grezzo, così come sono stati ritrovati. Il percorso di visita nel caseificio segue il processo di produzione della mozzarella, mostrando in sequenza gli attrezzi utili alle varie fasi: filtraggio del latte, coagulazione, lavorazione della cagliata, filatura, mozzatura e salatura.

A fianco alla Bufalara abbiamo ripristinato una zona con all’interno un vecchio manufatto a forma di pozzo, costruzione che era utilizzata per l’affumicatura. Questa tecnica di conservazione del cibo era una delle più diffuse prima dell’avvento della refrigerazione. Di fatto, è precisamente “provola affumicata” il formaggio a pasta filata più antico realizzato nella zona. Scriveva nei primi anni del ‘800 Antonio Cattaneo nel suo libro “il latte e i suoi prodotti”: […] le provature affumicate, si spiega la parola italiana essere derivazione della latina “ManuPressum”, di figura rotonda del peso di un rotolo (circa 900 gr. di oggi) volendole serbare, a coppia legate con giunchi, e appesa a lunga verga si fanno affumicare dal legname corrotto, che abbruciando, tutto si risolva in fumo, senza dare vampa, servendosi anche talvolta de’ muschi degli alberi. La legna e la paglia furono successivamente sostituiti dai torsi delle spighe (tutoli di mais), che lasciano un buon odore e che bruciano a rilento. Infatti mentre il mais serviva per l’alimento degli animali, soprattutto d’inverno, il torsolo veniva usato per affumicare il quale si realizzava utilizzando lo sgrana-pannocchie.

Il marchese di Santa Lucia, grande proprietario della zona, è uno che viaggia molto portando alle mostre e fiere di tutta Italia ed Europa, i prodotti caseari soprattutto quelli prodotti nella sua Masseria Morella. Per questo può essere ritenuto uno dei primi diffusori della mozzarella nel mondo. Aniello de Vicariis, così si chiamava il marchese, era cattolico molto fervente. Nel 1755, è a Firenze e casualmente venne invitato ad una grande festa in onore del Gran Principe Ferdinando de’ Medici che custodiva il quadro originale della Madonna della Seggiola di Sanzio nella sua camera da letto. Il marchese di Santa Lucia restò così abbagliato e rapito dalla bellezza della Madonna che, seduta stante, cercò un mastro pittore, tantissimi nella Firenze di allora e, dopo aver avuto il permesso dal Principe Ferdinando, fece realizzare una copia del dipinto. Tornato a Napoli ebbe l’idea di erigere una cappella gentilizia, proprio a “La Morella”, per poterla dedicare alla “Madonna della Seggiola” e porvi in bella mostra il quadro. Qualche anno dopo il quadro scomparve dalla cappella. Un furto sacrilego? Una beffa? Non si saprà mai. La gente dei campi si era affezionata alla raffigurazione e grande fu lo sconcerto. La grande fede dei contadini portò a quello che verrà ritenuto un vero e proprio miracolo. Era il 1779, accanto a un cespuglio, tra gli acquitrini della palude che circondava la zona, alcuni gualani di bufale trovarono un quadro. Era in buone condizioni e con grande sorpresa si vide che era proprio la Madonna della Seggiola però un vigoroso cespuglio ne impediva il trasporto. Iniziarono le discussioni su chi spettasse il privilegio di trasportarlo in un luogo più degno. Il cespuglio era assai fitto e impediva il recupero. Ci riuscirono grazie ad una idea di ‘Ntonio, un piccolo gualano di 16 anni, attaccò il quadro al collo di una bufala per tirarlo fuori. Ntonio fu deriso e sbeffeggiato dai gualani più anziani, non si diede per vinto, da solo, cominciò a legare il dipinto al collo di una bufala e l’animale, così mite ed umile, in men che non si dica lo tirò fuori senza sforzo alcuno. Il giovane Ntonio, dopo aver carezzato a lungo la sua bufala s’inginocchia davanti alla Vergine e, cosa del tutto straordinaria, la bufala lo imitò. Si gridò al miracolo. La saggezza popolare attribuì questo miracolo alla chiara volontà di Maria Santissima: ella voleva stare tra il popolo, tra i più umili e soprattutto, voleva essere la Madonna di quei poveri uomini che passavano intere giornate a prendersi cura di quegli animali tanto grandi quanto miti ma che producevano un latte già allora assai apprezzato dai buongustai. Da quel giorno copia della Madonna della Seggiola è nella Piana del Sele a “La Morella”, conosciuta, amata e venerata come la “Vergine” dei Bufalari. Nel 1849 quando la masseria la Morella e tutti i suoi terreni, dai De Vicariis passarono nelle mani della famiglia Granozio, nessuno osò interrompere il culto, anzi per accogliere la crescente folla di pellegrini in visita alla sacra immagine, Domenico Granozio mise a nuovo la vecchia cappella. Nella Visita Pastorale del 29 agosto del 1882, il curato di S. Tecla e vicario foraneo don Donato Schettini accede alla Cappella rurale trovandola fornita di tutto il necessario, e ben tenuta.

Vocabolario degli Accademici della Crusca 1866: “Il Buttero è guardiano per lo più a cavallo di mandrie di bufali e di cavalli. Capomandria vestito di una rozza pelliccia. I bufali stanno per lo più immersi nelle paludi, con tutto il corpo, e lasciano fuori il loro capo, e per farli uscire fuori bisogna che i Butteri, stanno a cavallo, gli rincorrono e pungano colle pertiche. Intimamente legati al bestiame, i butteri erano figure epiche che mantenevano vive le antiche tradizioni equestri della monta da lavoro. In sella dall’alba al tramonto, cavalcavano senza sosta, seguendo il ritmo delle stagioni, sfidando il freddo e la guazza, il sole cocente, la polvere e il sudore, dietro le mandrie. Erano gli unici oltre al padrone ad avere il diritto alla cavalcatura. Ci vivevano tutta la vita per seguire le operazioni di governo del bestiame: controllo, conta, spostamenti”. Nell’officina troviamo tutto quello che serviva al buttero: cappello a falde larghe, pastrano, cosciali in pelle ma soprattutto tutti gli attrezzi tipici del ferracavallo e del sellaro.

Una superficie espositiva articolata in 20 sezioni, fra foto, documenti e antichi attrezzi originali ben conservati con didascalie multilingue che offrono, un quadro completo sui diversi aspetti del mondo della bufala e sulle attrezzature per la trasformazione del suo latte. Uno sguardo complessivo su tutti gli argomenti, una lettura “trasversale” che rende possibile la comprensione della ricchezza e della poliedricità di questo affascinante patrimonio a cavallo tra natura, storia ed arte. Il ricorso ai Protocolli Notarili dei vari Archivi di Stato si è rivelato uno strumento prezioso per permetterci di ricostruire molti aspetti legati alle bufale, alla loro storia nel nostro territorio ed ai prodotti derivati dal loro latte. In questi preziosi documenti antichi troviamo ad esempio inventari di beni, atti d’acquisto e vendita di masserie di bufale concessioni di terre a censo o in enfiteusi, vendite di prodotti caseari, vendite di mandrie di bufale con i nomi minuziosamente elencati.

Uno degli elementi più importanti del patrimonio edilizio della Morella era costituito da una stalla aperta semicircolare. Era costruita in forma di tettoia, chiusa sul lato esterno da un muro e sorretta sul lato interno da arcate che permettevano il passaggio degli animali. Lungo il bordo superiore della mangiatoia troviamo i bloccamuso, anelli di ferro forgiato, abbastanza distanti fra loro per la particolare conformazione e dimensioni del collo, testa e corna dei bufali. Il bloccaggio era indispensabile per consentire un facile ed agevole controllo degli animali, garantendo le periodiche operazioni di controllo e trattamento e pronti per il lavoro nei campi. Infatti la stalla era destinata per i bufali maschi castrati, i così detti “maglioni”, bufali ammaestrati utilizzati per il trasporto dei carri ed il traino degli aratri i quali erano più forti e resistenti dei buoi, ed erano molto più utili nei terreni fangosi per la loro particolarità conformazione delle zampe. Una zanella che correva a filo delle arcate garantiva lo scolo delle deiezioni liquide. Oltre alle foto di oggi abbiamo esposto anche una foto dove si intravede la sua enorme grandezza. Una foto aerea del 1943 effettuata una settimana prima dello sbarco degli alleati dove con la loro invasione distrussero gran parte della struttura.

Parte integrante dell’antico fabbricato e protetta dai raggi del sole da due ambienti sovrastanti (primo piano e sottotetto), la cantina aveva una funzione che andava oltre la conservazione del vino prodotto dai vigneti dell’azienda. Le particolari condizioni di temperatura, umidità e luce la rendevano infatti adatta alla stagionatura di alcuni formaggi e ed alla lavorazione del burro. Nella cantina il visitatore troverà stampi, forme e di utensili per la lavorazione dei prodotti caseari e armadi in legno coperti da una retina utilizzati per il processo di stagionatura, la cui durata variava da qualche settimana a un paio di anni. Tale processo, oggi utilizzato soprattutto per affinare le qualità organolettiche dei formaggi, rispondeva un tempo, prima di ogni altra cosa, alla necessità di garantirne la disponibilità in ogni periodo dell’anno.

Laboratori didattici

Presso il Museo della Bufala e della Mozzarella offriamo attività laboratoriali progettate per rendere disponibile a turisti, docenti e studenti un’offerta culturale in linea con le loro esigenze sia ricreative che formative.

Consente al partecipante di immergersi nel mondo del casaro, dove i profumi, la manualità, i colori e i sapori, di proiettarsi nel passato e di essere coinvolto, con l’aiuto dell’operatore, in tutte le fasi della lavorazione.

Intrecciando materiale vegetale vengono realizzati attrezzi e contenitori di vario tipo: con la carice, il vimine e il giunco si impaglia le sedie e le damigiane e si costruiscono cesti, sporte, borse, cappelli, scope.

Il granoturco (mais) si usava, fino agli anni ‘90 del Novecento, ogni parte della spiga. Le donne intrecciavano le bucce per corde e spago e le arrotolavano in contenitori e stuoie. Le bucce sminuzzate erano ottime per accendere e riempire cuscini e materassi. I tutoli servivano da tappi per bottiglie, spazzole per strofinare e combustibile per affumicare i formaggi. Un’altra tipica realizzazione è la bambolina, molto utilizzata come bomboniera.

Il laboratorio del cuoio

Una lavorazione guidata ed un uso corretto di materiali e strumenti faranno infine scoprire la bellezza del costruire qualcosa con le proprie mani. Utilizzando cartamodelli, forbici, torchietti, ribattini, bottoni e stampini, realizzeranno borsette, portachiavi, braccialetti e piccoli oggetti. Non si utilizzano macchine tutto fatto a mano.
(Laboratorio consentito da 8 anni in su)